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Cappella Sansevero e il Cristo Velato

Cristo velato - Particolare

Cappella Sansevero, tra stregoneria e massoneria

Nel cuore di Napoli, a pochi passi dai decumani e da Piazza San Domenico Maggiore si erge Cappella Sansevero, attigua al palazzo dei principi di Sangro di Sansevero. L’origine della cappella è legata a due leggende: la prima vuole che lì, nell’antichità, sorgesse un tempio dedicato alla dea Iside, la seconda, riportata da Cesare D’Engenio Caracciolo nel suo libro “Napoli sacra”, racconta di un uomo ingiustamente arrestato che veniva condotto incatenato al carcere. Mentre l’innocente e i suoi guardiani passavano vicino a Palazzo Sansevero, il muro del giardino cadde, rivelando un’immagine della Madonna che reggeva il Cristo morto: l’uomo promise alla Vergine di donarle una lampada d’argento e un’iscrizione quando la sua innocenza fosse stata riconosciuta e, dopo esser stato liberato, tenne fede al suo voto. L’immagine sacra divenne meta di pellegrinaggi e dispensò altre grazie; Giovan Francesco di Sangro, duca di Torremaggiore, caduto malato, invocò la Madonna e, guarito, fece costruire, collegata all’attiguo palazzo di famiglia, una cappella, detta di Santa Maria della Pietà o, popolarmente, Pietatella, per preservare la sacra immagine. Negli anni successivi il figlio Alessandro, patriarca di Alessandria, trasformò la cappella in un vero e proprio tempio, destinato a contenere le tombe di famiglia. Poco o nulla resta di quell’originale chiesa secentesca perché poco più di cento anni dopo Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, diede inizio a imponenti e ambiziosi lavori che, nell’arco di un trentennio, stravolsero completamente l’aspetto della cappella.

Vista d'insieme Cappella Sansevero
Chi era Raimondo di Sangro? Sicuramente una delle personalità più discusse e controverse dell’epoca: militare, inventore e letterato, ma anche anatomista, studioso di alchimia e scienze esoteriche, massone. Nei sotterranei del suo palazzo si dedicava a esperimenti che toccavano i più disparati campi delle scienze e delle arti: chimica, meccanica, anatomia, tipografia, fisica; i risultati ottenuti apparivano strabilianti ai suoi contemporanei, anche perché il principe, da buon esoterista, non rivelava i suoi segreti e ciò gli valse la fama di stregone. Cappella Sansevero, con i suoi simbolismi e le sue meraviglie artistiche, è il messaggio che Raimondo di Sangro ha lasciato in eredità ai posteri.
Il pavimento originale della cappella era composto da tarsie marmoree policrome raffiguranti un labirinto, all’interno delle quali era incastrata una linea di marmo bianco continua e senza giunture, opera del principe stesso. Il labirinto è un motivo allegorico di antichissima origine che rimanda alla sapienza ermetica e rappresenta il difficile itinerario che deve compiere l’iniziato per approdare alla conoscenza. Le svastiche, o croci gammate, simboleggiano il movimento cosmico, mentre i quadrati, alternati alle precedenti, alludono ai quattro elementi alchemici. Danneggiato a causa di un crollo nel 1889, fu rimpiazzato da un pavimento in cotto policromo; alcune lastre del labirinto sono rimaste nel passetto antistante la tomba del principe Raimondo di Sangro, altre sono conservate nella cavea e nella sagrestia.
Quello che maggiormente colpisce il visitatore che entra a Cappella Sansevero è la statua del Cristo Velato, posta al centro della navata: l’opera, di Giuseppe Sammartino, è di stupefacente bellezza. Il Cristo morto è ricoperto da un finissimo sudario che lascia intravedere ogni particolare del corpo sottostante; la ricchezza dei particolari, la finezza dei dettagli fanno pensare, più che all’arte, a qualcosa di miracoloso e infatti una leggenda vuole che il Sammartino abbia scolpito il corpo, mentre il sudario sia stato un finissimo tessuto poggiato sulla scultura e marmorizzato dalle arti alchemiche del principe Raimondo. Il Cristo non si trova nella posizione che gli aveva destinato il principe: doveva, infatti, esser posto nella cavea, illuminato da due lampade eterne, anche queste opera della scienza del di Sangro, circondato dalle tombe dei suoi discendenti.
Numerosi sono i simbolismi massonici ed esoterici che si possono leggere nelle numerose altre statue che circondano la cappella, tra le quali spiccano la Pudicizia, figura femminile ricoperta da un velo che compete per finezza con il sudario del Cristo, e il Disinganno, figura maschile che lotta per liberarsi da una rete. In entrambi questi casi il mito vuole che velo e rete siano opera di misteriosi processi di pietrificazione messi in atto dal principe.
La pudiciziaIl disingannoL’affresco rappresentante la Gloria del Paradiso ricopre la volta del tempio: i suoi colori brillantissimi, che hanno resistito indenni al passar del tempo, sono basati su una formula ideata dal principe di Sangro. Sopra l’altar maggiore, circondato da una raggiera di angeli in stucco, il dipinto della Madonna, l’immagine miracolosa che dà il nome alla chiesa. La visita alla cappella non è ancora finita: il tempio ha ancora qualche meraviglia da mostrare ma per scoprirla occorre scendere nella cavea sotterranea.
Oggi la cripta ospita due straordinarie e inquietanti macchine anatomiche raffiguranti il sistema circolatorio di un uomo e di una donna, perfetto fin nei più minuti dettagli. Misterioso è il procedimento con il quale il principe è riuscito a ottenere questo risultato: la fama di stregone dell’uomo ha dato adito a molte leggende su questi reperti tra le quali una, particolarmente macabra, vuole che Raimondo di Sangro abbia praticato misteriose iniezioni a due suoi servitori, condannandoli a una morte atroce, per poi scarnificarli salvaguardandone solo lo scheletro e i vasi sanguigni. La macchina femminile è oggi incompleta perché in origine presentava anche un feto con la placenta e il cordone ombelicale, trafugato negli anni Sessanta del secolo scorso.

Crediti

Visione d’insieme David Sivyer, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
Pudicizia David Sivyer, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
Disinganno David Sivyer, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons
Particolare Cristo velato David Sivyer, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

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